Sei una Caring Company? Ecco come scoprirlo!
di Anna Benini, Partner yourHR
Oggi abbiamo vari esempi di start up, multinazionali e PMI sia in Italia che all’estero, orientate al benessere dei propri dipendenti, che si tratti di smart working, permessi, team building in paradisi tropicali, formazione o di un corretto equilibrio life-work balance, le aziende sono sempre più orientate al welfare aziendale.
Si è capito, infatti, che un impiegato soddisfatto è una risorsa ancora più preziosa per la propria azienda.
Ma quante aziende sono a conoscenza del caregiving familiare e pensano di offrire dei benefit dedicati ai caregiver informali?
L’Italia è uno dei Paesi con l’aspettativa di vita più alta ed il maggior numero di anziani, di cui, la maggior parte, è accudita da un familiare, se poi si somma a questi dati il numero dei malati accuditi in casa, scopriamo che gli italiani che svolgono la mansione di caregiver informale sono 3.329.000!
Un dipendente su tre si fa, quindi, carico di un parente anziano, malato o non più autosufficiente: si conta che ben il 77% dei lavoratori che sono anche caregiver informali svolgono quotidianamente questa mansione.
Come possono, dunque, le aziende far fronte alle esigenze dei propri dipendenti che sono anche dei caregiver familiari?
Di seguito 4 suggerimenti, estratti da uno studio condotto da Joseph B. Fuller e Manjari Raman per la Harvard Business School, che un’azienda può seguire per diventare una Caring Company:
1. Favorire una cultura della cura
Non si tratta necessariamente di una maggiore retribuzione economica, ma di tempo per accogliere con favore l’apertura dei dipendenti riguardo agli obblighi e ai desideri che si affrontano come caregiver informali, celebrando i casi di successo a tutti i livelli dell’organizzazione.
2. Identificare i costi nascosti legati al caregiving
L’azienda dovrà effettuare un censimento che catturi la natura dei problemi di assistenza di tutta la forza lavoro, fornendo dunque informazioni riguardo cosa sia più utile offrire ai propri dipendenti evitando così di attivare il circolo vizioso del caring, in cui una bassa attenzione ai bisogni individuali porta ad una scarsa utilizzazione dei benefit offerti.
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3. Adottare un framework per bilanciare percorsi di carriera e vita
Per i datori di lavoro, l’essenza di una cultura della cura sarà il giusto riconoscimento, poiché anche i dipendenti che seguono percorsi di carriera stanno progredendo attraverso prevedibili fasi nei loro percorsi di vita.
Attualmente, le aziende affrontano solo alcune fasi che possano interrompere o convivere con la carriera di un loro dipendente: il congedo di maternità, il congedo per malattia o la legge 104.
Tuttavia, questi casi non riflettono le esigenze più variegate che si possono presentare nella vita di una persona del XXI secolo.
4. Favorire la produttività dei caregiver informali
Testando quali siano i benefit più ricercati e usati, andando davvero incontro alle singole esigenze di ogni dipendente. Inoltre, è molto importante pensare a politiche di on-boarding per quei lavoratori che siano stati assenti per lunghi periodi dal lavoro.
Non è un’utopia, ma l’evoluzione che si aspetta nel mondo del lavoro, un asset che guardi al benessere dei propri dipendenti e che sia inclusivo per tutti!
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- Posted by yourhr
- On 10 Dicembre 2020
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